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C’è solo una scelta sulla scheda elettorale nordcoreana. Gli elettori mettono la loro scheda elettorale in una delle due caselle – bianca per “Sì” e nera per “No” – ma il “No” non ha mai vinto. I nordcoreani non hanno avuto altra scelta se non quella di votare domenica alle elezioni locali tenutesi nella dittatura dell’Asia orientale. Ma anche se i risultati erano preordinati, il processo funge da importante rituale che lega il popolo al regime. La Corea del Nord tiene elezioni regionali ogni quattro anni, ma consente a un solo candidato di presentarsi in ogni distretto. “La logica è che aiutiamo a rafforzare il regime agendo e votando per coloro che sono fedeli al partito”, afferma Ahn Chan-il, un fuggitivo nordcoreano che ora dirige il World Institute for North Korea Studies. "Non ci era venuto in mente che il sistema elettorale potesse essere strano: pensavamo che fosse naturale che si presentasse una sola persona". Coloro che sono “eletti” prestano servizio in organismi autorizzati che si riuniscono solo pochi giorni all’anno. Il regime nordcoreano ha storicamente utilizzato le elezioni come pretesto per limitare i movimenti interni, rintracciare i cittadini che potrebbero aver lasciato la propria zona senza permesso e intensificare le sessioni obbligatorie di “educazione politica”. Le elezioni hanno anche un valore propagandistico. “Non si tratta di essere democratici”, afferma Rachel Minyoung Lee, esperta della Corea del Nord e membro non residente del think tank Stimson Center di Washington. "Si tratta di cercare di far sembrare al mondo uno stato più ’normale’, mostrando allo stesso tempo alla propria gente che sta cercando di cambiare in meglio."
@ISIDEWITH6mos6MO
Se il risultato di un’elezione è sempre predeterminato, pensi che parteciparvi abbia ancora un significato personale, e perché?
@ISIDEWITH6mos6MO
Immaginate se esprimere un "no" in un’elezione non avesse una storia di successo; daresti comunque quel voto?